Vincent Valentine

Vincent Valentine: il poeta maledetto con un arsenale da far invidia a un film d’azione di serie B.
Dietro quel mantello drammatico e quei capelli da cantante di una band goth c’è un complesso di inferiorità talmente grande che neanche il suo braccio metallico riesce a sostenerlo.

Il nostro caro Vincent, infatti, si crogiola nella convinzione che sia tutto colpa sua: gli esperimenti di Hojo, i traumi di Lucrecia, probabilmente anche il riscaldamento globale. E come compensa tutto questo? Con una pistola grossa quanto la sua disperazione. Ogni volta che la tira fuori, sembra voler dire: “Non sono abbastanza come persona, ma guarda come sparo bene!”

E non dimentichiamoci che non si accontenta di una pistola normale: no, ogni arma deve essere più imponente, più intricata, più compensatoria. Perché parlare dei tuoi sentimenti quando puoi risolvere i tuoi problemi interiori con una raffica di proiettili, vero?

Vincent è anche un maestro nell’arte del silenzio drammatico, come se ogni pausa tra le parole fosse un invito a chiedergli: “Ma stai bene?” (Spoiler: no). Però guai a provare a parlare delle sue emozioni: ti guarderà con quegli occhi malinconici e, al massimo, tirerà fuori una nuova arma per ricordarti che, sì, è un uomo tormentato, ma con stile.

In sintesi, Vincent è il classico tizio che cerca di colmare il vuoto interiore con un arsenale di pistole sproporzionate. Ma ehi, almeno è coerente: se deve vivere con i sensi di colpa, lo farà nel modo più teatrale possibile.

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